Le Carceri Criminali e le Carceri delle Torri


“…queste misere non aveano altra luce né aria fuorchè da altissime aperture, sino alle quali non potevano elevarsi.

Vi erano tante celle quanti pagliericci la capacità del suolo poteva contenere; le divideva uno stretto andito, e quest’unico luogo, ove prendessero qualche esercizio, veniva in più parti attraversato da grosse chiavi di ferro atte a sostenere i muri, impicciando assai il camminare. Nel corso di un anno e mezzo vi furono due braccia rotte e un piede slogato per cadute su quelle sbarre di ferro.

Mappa

Le detenute… erano appena vestite, parecchie non avevano cenci bastanti a coprirsi, e niuna vergogna mostravano della loro nudità … Le si gettarono vicino gridando insieme, e le destarono compassione ed orrore…”
(Silvio Pellico, op. cit., pp. 8-9)

Le Porte Palatine (1870)

“Esisteva in Torino una terza prigione muliebre per quelle il cui delitto era la sola mala condotta: la Marchesa fu pure chiamata colà. Vi andò due volte sole. Ivi le detenute ricevevano soccorsi di religione amministrati con carità … Quella prigione era composta di due celle tonde assai oscure; la mancanza di luce interdiceva le occupazioni, e non potea quindi introdursi né scuola di lettura né lavoro …”
(Ivi, p. 28)

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