Nulla sfugge al mio obbiettivo. Silvio Ottolenghi, photo-reporter

Di origine ebraica sefardita, Silvio Ottolenghi (Pisa 1886-Torino 1953) si avvicina alla fotografia da perfetto autodidatta e in pochi anni si "inventa" un mestiere, quello del fotoreporter, che nei primi anni del ventesimo secolo era ai suoi esordi.
Pronto e fulmineo si recava a fotografare ovunque e chiunque, non c'era avvenimento al quale non fosse presente.
La sua attività di reporter per la "Gazzetta del Popolo" e per la rivista "L'Illustrazione del Popolo", inizia intorno al 1920 e durerà per circa venticinque anni. Si presume risalga anche ai primi anni Venti l'apertura del suo laboratorio-negozio di apparecchi fotografici a Torino, in piazza Carlo Felice 1 e poi al numero 3.
Geniale fu l'invenzione dello slogan-marchio pubblicitario "Nulla sfugge al mio obbiettivo", degno di un vero re del marketing dei nostri tempi, che lo fecero insinuare nella memoria collettiva in maniera prepotente e duratura.
Questa è la prima mostra monografica dedicata a Silvio Ottolenghi, realizzata dall'Associazione per la Fotografia Storica in collaborazione con le Biblioteche civiche torinesi presso la Biblioteca civica Villa Amoretti a Torino (dal 4 marzo al 2 aprile 2005); per l'occasione, grazie al contributo della Compagnia di San Paolo, è stato realizzato un catalogo a cura dell'Associazione per la Fotografia Storica, con testi di Laura Danna Leonardo, Aldo Zargani e Miriam Romanin Guetta.
Una settantina le immagini originali selezionate (38 delle quali sono qui presentate in versione digitale), realizzate fra il 1925 e il 1951, in cui sono testimoniati venticinque anni di vita torinese e italiana colti dal suo sguardo sagace.
Ottolenghi fotografava l'evento così come gli si presentava, senza selezionare o isolare gli "attori" principali o l'azione culminante. Spesso il personaggio illustre diventava quasi marginale: preferibilmente era immortalato in contesti affollatissimi di persone, privilegiando la folla, il popolo in attesa dell'evento o del personaggio, con la sua espressione di ingenua aspettativa.
In alcune immagini sembra quasi che voglia occupare in maniera claustrofobica lo spazio, facendo rientrare più persone possibili. Ad Ottolenghi piaceva "sparare nel mucchio": rivedendo ora queste immagini, dove compaiono migliaia di persone, forse l'intera popolazione della Torino di quegli anni, ci rendiamo conto che realmente nessuno doveva essere sfuggito al suo obbiettivo...
Con i suoi scatti, di una "democrazia" sorprendente, ogni persona ritratta, di qualsiasi ceto sociale, ha potuto più o meno inconsapevolmente trasmetterci un'istantanea del suo essere.
Nel suo ingente e appassionato lavoro sono molti i rimandi ai grandi fotografi internazionali del suo tempo, da Erich Salomon ad August Sander, e poi ancora Henry Cartier-Bresson, Brassai ecc.
In mostra anche una selezione bibliografica, utile per chi volesse approfondire questo autore, accompagnata da una bibliografia a disposizione del pubblico.

[ Accesso alla mostra ]


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